Giovedì 18 gennaio da Gelindo dei Magredi – Vivaro
Osti, banditi, boia e briganti in Friuli tra Medioevo ed Età Moderna
Relatore: Prof. Angelo Floramo
Storico e romanziere
Premio Nonino Risit D’Aur Barbatella d’Oro 2024
“Rinomato medievalista, si distingue non solo per il suo impeccabile lavoro di studio, ma anche per la sua capacità unica di raccontare la poeticità nascosta nelle osterie di montagna e nelle vite di confine. Il suo impegno nel preservare e trasmettere la storia delle nostre radici è stato riconosciuto con meriti di alta considerazione, un tributo alla sua dedizione e competenza nel campo.” Queste alcune delle belle parole che Angelica Peresan ha usato per presentare il Prof. Angelo Floramo, storico e romanziere, vincitore dell’importante Premio Nonino Risit D’Aur Barbatella d’Oro 2024. Floramo, che è stato introdotto alla serata del club dal Presidente Moreno Dal Pont è un personaggio di rara semplicità, straordinario, uomo di cultura e studi appassionato della ricerca storica della storia “minore” del Friuli. Fra le tante fonti della sua ricerca c’è la Biblioteca Guarneriana di San Daniele del Friuli, uno scrigno di un valore inestimabile, ha ricordato il relatore, che è stata aperta e studiata solo per un terzo. Aprire quei fascicoli chiusi da centinaia d’anni, ha detto Floramo, è un’emozione unica perchè si accede alla memoria di un tempo in cui le vicende degli uomini sono narrate attraverso atti e processi, che dipingono a chiare lettere il periodo in cui sono avvenuti e permettono di capire i costumi, la cultura le abitudini di quel tempo. Floramo ha dedicato la sua presentazione a osti, banditi, boia e briganti nel Friuli al tempo del Patriarcato di Aquileia fino ai tempi nostri. Ha iniziato con le storie degli erranti, dei guitti, degli attori e dei circensi, insomma, degli “zingari” che si muovevano di città in città, di castello in castello, nelle sagre paesi, e si esibivano irriverenti dei vari poteri e spesso per questo erano perseguiti. Erano forme di spettacolo teatrale itinerante con funamboli, trampolieri, mangiafuoco, maghi e con balli, esecuzioni musicali, con la presenza di animali esotici o di orsi ammaestrati. Tutta questa “masnada”, racconta Floramo, era guardata con grande sospetto dalle autorità. La presenza di una compagnia teatrale in un villaggio o in una città comportava sempre situazioni di disordine: aumentavano i furti, qualche animale da cortile scompariva, alle volte erano rapiti e portati via bambine e giovani donne. Gli attori erano considerati figli del demonio. Alla loro morte non potevano essere sepolti in terra consacrata nei cimiteri, ma gettati nelle fosse comuni. Usavano per muoversi il “carrozzone” che era nello stesso tempo casa, teatro, mezzo di trasporto, e magazzino. Il grande protagonista del teatro medievale è lui: il Giullare. Nelle lingue europee, ha spiegato Floramo, viene definito in vario modo: Jongleur o Fou (folle) in francese, il Matto o il Ciullare (termine osceno: significa “colui che ti fotte, colui che fotte”). Accanto a lui c’erano gli altri “maledetti”, briganti e banditi, chierici vaganti, monaci dispersi, cavalieri erranti, ebrei, maghi, alchimisti, zingari, circensi, teatranti e musici, eretici, forestieri, lebbrosi e appestati, alchimisti, ma anche gli ambulanti, i cerretani, i pastori, i boia, che nelle fonti locali sono chiamati manigoldi, assieme a tutti coloro che hanno a che fare in qualche modo con l’impurità della morte, e cioè i beccai e i becchini. Tutti personaggi banditi dalle comunità e dalle città, che vivevano in boschi e foreste. Sono “extra communitatem”, ha precisato Floramo, e in quanto tali pericolosissimi perché coinvolti in consuetudini che li rendono stranianti, diversi, dunque pericolosi e fonte di paura e di sospetto. Nell’immaginario del Medioevo fanno tutti parte di quel mondo fatato e pauroso che abita “al di fuori”, ovvero al di fuori dalle mura della città, o del castello, o del piccolo borgo di campagna: nei boschi, nelle foreste, nelle paludi, ai crocicchi delle strade, nei cimiteri, sotto le forche dei condannati a morte, presso i patiboli. Il mondo al quale appartiene il giullare è quello capovolto del carnevale, ma anche quello altrettanto “a testa in giù” dell’Inferno, dove il demonio stesso è un Orco, una mostruosità che regna su di un impero in cui tutto è ribaltato e sovvertito, a testa in giù. Floramo ha poi parlato del “boia”. Queste figure sono già state colpite a loro volta da una condanna capitale: accettando di prestare un servizio alla cittadinanza in qualità di esecutori di giustizia si salvano la vita, ma rimangono per sempre imprigionati dalla categoria della loro devianza e della loro marginalità. Infine il teatro della morte che nel Medioevo è spettacolarizzata con la tortura e altre forme di punizione. Il patibolo è un palcoscenico in cui attori crudeli svolgono la loro parte davanti a un pubblico curioso e divertito. Floramo è stato un narratore davvero ammaliante. A lui, alla fine della serata, sono giunti i complimenti di tutto il club ed è stato il Presidente Moreno Dal Pont a ringraziarlo in nome di tutti i rotariani presenti.