Giovedì 11 maggio 2017 a Vivaro da Gelindo dei Magredi
Musica e Medicina. Profili medici di grandi compositori
Come i malanni fisici dei musicisti hanno influenzato la loro creatività
Relatore: Roberto Magris
3 PHF – Assistente del Governatore – Past President RC Trieste Nord
Interessante e originale serata al Rotary Club, con un ospite speciale: il rotariano Roberto Magris, medico cardiologo, appassionato di musica e di critica e cronache musicali, che ha parlato dei profili medici dei grandi compositori. Il Presidente del Club, Pietro Rosa Gastaldo, l’ha presentato ed ha ricordato che Magris è laureato all’Università di Trieste in medicina e chirurgia ed è stato allievo della scuola del prof. Fulvio Camerini, cardiologo di fama internazionale, fondatore della cardiologia a Trieste. Magris è stato per molti anni all’Ospedale di Monfalcone e dal 2009 ha esercitato la libera professione e ora è in pensione. E’ stato fra i fondatori del Rotary Club di Monfalcone – Grado, nel 1994 e Presidente del Rotary Club Trieste Nord, nell’annata rotariana 2012-13. E’ Assistente del Governatore per la zona Uno del Distretto 2060, per l’area Giuliana, per i Governatori Giuliano Cecovini, Alberto Palmieri e Stefano Campanella ed è stato insignito di 3 onorificenze Paul Harris Fellow. Roberto Magris ha svolto studi e ricerche sulla storia del valzer viennese, sull’operetta come fenomeno storico – politico in Europa e sui rapporti fra la musica di Wagner e la psicoanalisi di Freud. Dopo la presentazione, è stata la volta di Roberto Magris che ha narrato le vicissitudini mediche dei grandi compositori e così ha narrato: Giuseppe Verdi visse 88 anni, ma fu un’eccezione. Basti ricordare Vincenzo Bellini e Gaetano Donizetti, che se ne andarono l’uno a 34 e l’altro a 51 anni. Gioachino Rossini, invece, il quarto grande dell’opera italiana, dietro la facciata dell’uomo brillante e arguto, autentico monarca della vita artistica e mondana di Parigi, nascondeva un lato oscuro di depressione e ipocondria (forse retaggio di sensi di colpa per una malattia venerea contratta in gioventù). Potrebbe essere questa la vera spiegazione del motivo per cui a 38 anni, al massimo della gloria, dopo aver ultimato il “Guglielmo Tell”, Rossini chiuse definitivamente con l’opera e per quasi quaranta anni non fece praticamente più’ nulla (“il grande silenzio”), se non poche composizioni a sfondo religioso come la Petite Messe e lo Stabat Mater. Sintomatici appaiono i titoli di alcune sue composizioni pianistiche senili, come “Prélude convulsif” o “Etude asthmatique”.
Niccolò Paganini, il grande virtuoso genovese, aveva davvero un “segreto”, come si favoleggiava su di lui, (parlando addirittura di un patto col diavolo) che spiegasse il suo straordinario virtuosismo manuale? Le cronache del tempo descrivono la sua inarrivabile capacità di virtuoso e la straordinaria flessibilità delle dita della mano sinistra che potrebbe venir spiegata da una forma congenita di abnorme lassità dei tessuti connettivi (la sindrome di Marfan) tale da permettere movimenti delle articolazioni, specie quelle piccole delle dita, assolutamente al di là del normale.
Sulla morte di Mozart si discute ancora oggi: avvelenamento ? (è nota la forte avversione di Antonio Salieri nei suoi confronti), delitto correlato alla massoneria ? delitto passionale ? (il marito di una sua allieva si suicidò in quei giorni dopo aver tentato di uccidere la moglie). Al funerale del compositore (che, come si sa, finì in una fossa comune) si voleva nascondere qualcosa? L’ipotesi più accreditata sostiene che Mozart soffrisse di insufficienza renale da glomerulonefrite post-streptococcica, retaggio di malanni infettivi degli anni più giovani quando, seguendo il padre, percorse l’ Europa in lungo e in largo, a costruire la propria fama. Con tale premessa, anche una “banale” broncopolmonite poteva essere l’elemento ultimo, dall’esito inevitabilmente fatale.
Di Ludwig van Beethoven tutti conoscono il dramma della sordità, che senz’altro contribuì a farlo richiudere sempre di più in se stesso, quasi in un eroico ideale della lotta dell’uomo contro le avversità (sono in fondo le tematiche della Nona Sinfonia e del Fidelio). La scienza medica non ha risolto la natura di tale sordità, se da lesione del nervo o se da otosclerosi. Ma pochi sanno che Beethoven, già in giovane età, iniziò un rilevante consumo di alcool, che finì per determinare un’insufficienza epatica da cirrosi del fegato come causa della sua morte (i dati dell’autopsia, durante la quale, per inciso, andarono perduti gli ossicini dell’ orecchio interno, sono assolutamente congrui con questa diagnosi).
In tempi più moderni, un caso clinico d’interesse è quello di George Gershwin, la personificazione in musica del sogno dell’America degli anni d’oro. Giovane, estroverso, ricco, baciato dalla gloria artistica, a trentotto anni cominciò a manifestare segni di cambiamento: depressione, apatia, frequenti mal di testa, rallentamento della vena creativa e delle funzioni psichiche in generale, fino a episodi di tipo sincopale similepilettico. Stress da lavoro e da successo si disse allora un po’ superficialmente, ma la verità, arrivata purtroppo troppo tardi, era ben diversa: un devastante tumore al cervello se lo portò via in pochi mesi.
Giacomo Puccini costituisce un caso a sé. Tutti sanno dell’assoluta prevalenza protagonistica della figura della donna nelle sue opere (Manon, Mimi, Butterfly, Tosca). Ma a ben vedere queste eroine, prima di soccombere, ne passano di tutti i colori, quasi l’autore si accanisse a infligger loro sofferenze e sventure di ogni genere. Grande istinto teatrale, si dirà, e siamo d’accordo, ma negli anni cinquanta uno psichiatra inglese ha formulato un’ipotesi per alcuni versi sorprendente: Puccini sarebbe stato un tipico caso di complesso di Edipo. Secondo lo schema dell’Edipo, uno dei paradigmi della psicanalisi, l’inconscio del soggetto ama e amerà sempre solo e soltanto la madre; qualsivoglia altra figura femminile sarà solo fonte di senso di colpa, da cui il conflitto fra coscienza e inconscio e quindi la conseguente nevrosi. Puccini ebbe molte donne, e nemmeno con la moglie Elvira il rapporto fu facile. Si può azzardare che solo con le proprie eroine il Maestro sia riuscito ad avvicinarsi a qualcosa di simile a un’esperienza sentimentale, ma … solo la madre é l’unica degna d’amore, per cui esse devono venir senz’altro eliminate. Se la punizione poi è particolarmente severa, come nelle loro vicende di dolore e sofferenza, ebbene in tal modo si punisce, anche se stessi per la colpa commessa. Molti dati della vita e dei momenti creativi di Puccini (specie il periodo di Turandot) sembrano inquadrarsi a puntino in uno schema di tal genere, un complesso di Edipo che fino alla fine rimase in pratica irrisolto, ma che forse non è estraneo al fascino unico e peculiare della sua arte.
Sono questi solo pochi esempi di artisti sommi che, per usare un termine odierno, ebbero una qualità della vita certamente problematica e difficile, ma che comunque hanno lasciato un segno nella storia dell’uomo e per questo meritano e avranno in eterno l’ammirazione del mondo. E così ha finito Magris: Perché, non dimentichiamolo mai, nonostante tutto, hanno raggiunto qualcosa che a pochissimi è concesso: sono arrivati alla soglia dell’ immortalità. Alla relazione di Roberto Magris sono seguite le domande e le curiosità dei soci e al termine il Presidente del Club l’ha ringraziato della piacevolissima serata.